Come nasce un sogno?
Certi giorni ti svegli, apri gli occhi e sai già bene come
andrà avanti la nostra giornata: colazione, scuola, università, studio. Altri
giorni, invece, tra un biscotto e l'altro nella tazza fumante del latte, ci
vedi incastrato un sogno, una speranza e un viaggio da intraprendere.
Se qualcuno ci chiedesse come è nato il sogno dell'Africa,
in maniera simile, non sapremmo rispondergli: erano anni che se ne stava lì, in
attesa che qualcuno lo tirasse fuori.
Sono anni che, tra di noi, si parla di andare in Africa: ma ogni volta sembrava che non fosse il momento giusto. “Non siamo ancora pronti”, “forse il prossimo anno, se ci prepareremo in tempo”.
Sono anni che, tra di noi, si parla di andare in Africa: ma ogni volta sembrava che non fosse il momento giusto. “Non siamo ancora pronti”, “forse il prossimo anno, se ci prepareremo in tempo”.
Mi han raccontato che andava avanti così da parecchio tempo.
Perché, poi, l'Africa? L'Africa ha bisogno di noi più di
altri luoghi?
No.
L'Africa non ha bisogno di noi: siamo noi ad aver bisogno
dell'Africa.
E questo è stato fin da subito chiaro quando, in una serata
di neve del 2012, il Clan Uragano del gruppo Riccione 1 ha deciso di mettersi in
cammino per l'Africa: si va laggiù non per cambiare il mondo; certo, ci vai
portando moltissimo materiale, ci vai con le maniche della camicia azzurra
arrotolate...
Ma il mio salvadanaio dice bene, quando ci leggo sopra:
“Se sei venuto qui per aiutarmi, stai sprecando il tuo
tempo.
Ma se sei venuto perché la tua liberazione è legata alla
mia, allora lavoriamo insieme (una donna aborigena)”
La seconda tappa del nostro sogno è stata la decisione a
freddo: dopo un settimana, nella solita riunione, era arrivato il momento di
scegliere l'Africa anche con la mente.
Perché Africa voleva dire mesi e mesi di stretto
autofinanziamento, voleva dire chiedere alle famiglie, in un periodo che ben
sappiamo poco adatto, uno sforzo economico fuori dal comune. Molti erano i
dubbi, molti di noi, all'inizio, non si sentivano pronti.... molti non si
sentono pronti tutt'ora.
Poi la vita di clan che prosegue: ragazzi che escono dal
clan, con la promessa che avrebbero partecipato anche loro; tanto, tantissimo
autofinanziamento.
C'erano le volte in cui, nonostante i cartelloni, facevi
fatica a ricordarti perché stavi vendendo torte, perché animando compleanni.
C'erano momenti in cui l'Africa sembrava ancora più lontana di quanto non
fosse: certo, era il momento di scegliere dove andare, in quale
esperienza prestare il nostro servizio.
Ma le cose da fare, fin da subito, erano talmente tante, in
una normale estate della nostra riviera romagnola, che il “Progetto Etiopia” ci
ha messo un po' ad entrare nei nostri cuori.
Lavoravamo per tornare in Etiopia, dove il nostro clan era
già stato nel 2006, lavoravamo per raccogliere i fondi, con lo scopo di tornare
da Padre Bernardo, missionario riminese.
Eppure mancava qualcosa: e quel qualcosa ci è giunta con il
nuovo anno.
Il noviziato, composto dai ragazzi più giovani, è entrato
definitivamente in clan e, insieme, abbiamo cominciato a lavorare veramente.
Se qualcuno di noi, a Settembre, quando il più delle
decisioni era già stato preso e i biglietti già comprati, pensava che la nostra
fatica era finita lì si sbagliava di grosso: certo, l'autofinanziamento oramai
si era ridotto al minimo, ma con il nuovo anno che cominciava dovevamo iniziare
a scoprire un nuovo tipo di fatica: il lavoro su noi stessi.
Tanti, tanti ci hanno detto che non puoi andare in Africa se
non sei preparato, se non hai lavorato su te stesso, su quali sono le tue paure
per il viaggio, le tue speranze, cosa ti aspetti di vedere.
Africa vuol dire stravolgimento, Africa vuol dire essere
finalmente pronti a cambiare prospettiva: Africa vuol dire soffrire.
Siamo pronti a questo?
Cominciammo a vedere le foto, a pensare “di cosa ho paura,
io?”, e a renderci conto che la vera distanza tra noi e loro non si copre con
l'aereo, ma con una mente lucida e un cuore aperto.
Chiamiamolo pure disincantamento: sì, perché al ritorno sarà
come svegliarsi da un sogno che ci ha accompagnati da quando abbiamo emesso il
primo vagito.
E all'inizio fa paura: come fa paura pensare che, magari,
quando ci troveremo laggiù non riusciremo a vivere l'Africa come andrebbe
vissuta, fa paura credere che, forse, non ci cambierà abbastanza questo
viaggio, paura di chiuderci a riccio, di non saper raccontare, capire, vedere,
sentire sulla pelle.
Paura di non viverla abbastanza.
Paura di viverla troppo, e di starci male.
Alla fine, e in verità, è stato quello il momento in
cui abbiamo sentito entrare dentro di noi il progetto: quando i capi ci hanno
detto “scrivete ciò che vi fa paura”; tutti i progetti che avevamo fatto fino a
quel momento sono stati messi in discussione da una inesorabile certezza:
davvero sto andando laggiù.
E adesso?
Adesso mancano 5 giorni alla partenza.
Da quel giorno a Santa Maria in Silvis abbiamo scoperto
l'Etiopia, scoperto dove andremo: Natura, Storia, Società... ma soprattutto
abbiamo scoperto con quale animo andremo giù, il perché andiamo in
Africa.
Su questo ci ha aiutato anche un gruppo che laggiù, da Padre
Bernardo, ci va ogni anno: il “gruppo Africa” di Bellaria (Grazie ragazzi!!).
Ci hanno mostrato i luoghi, e i volti: ma ci hanno anche detto chiaro e tondo che i video non basteranno mai a spiegare tutto. Manca l'odore, manca essere lì.
Ci hanno mostrato i luoghi, e i volti: ma ci hanno anche detto chiaro e tondo che i video non basteranno mai a spiegare tutto. Manca l'odore, manca essere lì.
Ancora tante sono le domande che metteremo nello zaino.
Anche i nostri genitori si sono buttati in questa avventura:
mio padre, dopo aver visto un video, ha detto “mi metti nello zaino?”, mia
madre, per quanto preoccupata e triste perché non saremo con lei per le feste,
soffre di una invidia profonda.
“Tu perché vai in Africa”? Questo mi è stato chiesto.
Alla fine non siamo stati noi, in quel giorno di neve di un
anno fa, a scegliere l'Africa:
è stata lei che, come una madre da cui siamo stati a lungo
lontani, ci ha chiamato.
E ora ho paura, tensione, desiderio, speranza, curiosità,
impazienza, entusiasmo e coraggio di raggiungerla.